In questi giorni mi sono inaspettatamente ritrovata a riflettere su cose che, confesso, imbarazzano persino me stessa.
Non è mia abitudine parlare in questo spazio di questioni relative alla cronaca, di qualsiasi natura esse siano, e l’ho sempre fatto volutamente, con la sola eccezione di qualche notizia che possa riguardare il mondo dei bambini o di qualche situazione relativa al luogo in cui vivo e che serva per dare un’idea a chi legge della cultura e delle abitudini del Paese.
Oggi però non parlo di Svizzera, né di tormenti esistenziali sull’educazione delle piccole iene di casa, né di aneddoti quotidiani nati dalla vita con loro.
Mi trovo, mio malgrado, a fare un paio di considerazioni sugli ultimi, agghiaccianti (perché davvero non riuscirei a trovare altro termine adatto), fatti di cronaca che arrivano da un luogo geograficamente noi lontano, l’India. Eventi che, ahinoi, non sono neppure una grossa novità in un Paese immenso dalla storia complessa e travagliata, come molta parte del nostro mondo peraltro, e da sempre preso ad esempio per esaminare le fortissime contraddizioni e ineguaglianze di una società che, malgrado alcuni proclamati, e forse solo apparenti, “venti di rinascita e sviluppo” pare non in grado di compiere definitivamente un salto di qualità non solo dal punto di vista materiale delle condizioni di vita, ma ancor più da quello etico e spirituale.
E proprio da qui nascono alcuni interrogativi. In un contesto come quello che ha permesso, ormai millenni fa, di far nascere e sviluppare grandi filosofie, come quella dello Yoga, arrivate fino a noi, e ancora riconosciute come alcune delle più alte espressioni delle spirito dell’uomo, come è potuto accadere e come può continuare ad accadere tutto ciò?
La sola “risposta” che mi sento in grado di dare è che nessuno potrà mai essere salvato, salvo che lo voglia e lo scelga con tutte le sue forze. La confessione imbarazzante che devo fare è che, in circostanze come queste, le condizioni miserevoli in cui questi popoli e individui si trovano mi paiono, alla fine, ampiamente meritate. E che l’orrore quotidiano in cui sono immersi non consentirà loro di alzarsi davvero dalla polvere in cui sono caduti, sino a quando lo vorranno davvero.